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La Corsa Verso il Nulla

2024-09-16 18:31

Daniel De Rosa

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La Corsa Verso il Nulla

Testa Secca, così lo chiamavano tutti. Il soprannome, datogli per via della sua insaziabile determinazione, era diventato parte di lui..

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Testa Secca, così lo chiamavano tutti. Il soprannome, datogli per via della sua insaziabile determinazione, era diventato parte di lui, come un marchio indelebile. Fin da ragazzo, aveva avuto un'unica ossessione: la ricchezza. Cresciuto in un quartiere povero, aveva visto sua madre lottare ogni giorno per mettere un piatto a tavola, e aveva giurato a sé stesso che non avrebbe mai vissuto quella stessa miseria. 

Aveva promesso di diventare ricco, e per farlo, era pronto a tutto.

Da giovane, aveva iniziato a lavorare in una piccola bottega di alimentari, accettando ogni straordinario, ogni turno doppio. Era sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene. Guadagnava pochi spiccioli, ma Testa Secca li metteva da parte con una parsimonia feroce, sognando il giorno in cui quei risparmi avrebbero fatto da trampolino per la sua ascesa.

Col tempo, la sua determinazione lo portò a nuove opportunità. Lavorava ininterrottamente, rifiutando inviti a cene, a feste, a gite domenicali. "Non c’è tempo per divertirsi," diceva agli amici, "quando avrò abbastanza soldi, allora sì, mi godrò la vita." Ma quel giorno non sembrava mai arrivare. Ogni volta che si avvicinava a un obiettivo finanziario, un nuovo desiderio si faceva strada nel suo cuore: una macchina più costosa, un appartamento più grande, un investimento più redditizio.

Le settimane diventavano mesi, i mesi diventavano anni. Gli amici di un tempo iniziarono a sposarsi, a mettere su famiglia, a viaggiare e a condividere foto di momenti felici. Ma Testa Secca non aveva tempo per questo. Li guardava con un certo disprezzo, convinto che fossero sciocchi a sprecare il loro denaro in cose così effimere. "Aspettate di vedere dove sarò tra qualche anno," diceva, "sarò ricco, e allora riderò io."

E Testa Secca continuò a correre, come un uomo inseguito da un'ombra. Cambiò lavoro decine di volte, sempre alla ricerca di uno stipendio più alto, di una posizione migliore. Salì la scala del successo, passo dopo passo, ma ogni volta che si fermava per guardarsi intorno, tutto sembrava sfocato e lontano. Aveva una casa grande e vuota, una macchina veloce e parcheggiata, un conto in banca gonfio, ma un cuore freddo come il marmo.

Le persone intorno a lui cominciarono ad allontanarsi. Le risate degli amici che riempivano una stanza ora erano solo un ricordo. Gli inviti alle cene e alle serate si fecero sempre più rari. Testa Secca si convinse che non importava: "Gli amici sono inutili se non hai soldi," pensava. "Quando sarò finalmente al top, avrò tutto il tempo del mondo per loro."

Ma il top non arrivava mai. Ogni conquista sembrava svuotarsi appena ottenuta. Ogni successo era un vuoto travestito da trionfo. Ogni volta che metteva le mani su un nuovo traguardo, sentiva solo un'insoddisfazione crescente, come un buco nero che divorava ogni cosa, e che chiedeva sempre di più. Gli anni passavano, e lui accumulava: soldi, proprietà, titoli, ma perdeva sempre più di sé stesso.

Un giorno, durante una riunione di lavoro importante, Testa Secca sentì un dolore acuto al petto. Una fitta, poi un'altra. I colleghi si precipitarono a chiamare un’ambulanza, ma lui, anche in quel momento, pensò solo a quanti soldi avrebbe perso per quella stupida interruzione. Fu portato all'ospedale d'urgenza, e lì, sdraiato su un letto, con i macchinari che monitoravano ogni battito del suo cuore stanco, capì per la prima volta quanto fosse solo.

Nessuno venne a trovarlo. Nessuno gli mandò un messaggio o un fiore. Guardando fuori dalla finestra dell’ospedale, osservava le persone che ridevano insieme, i bambini che giocavano, le coppie che si abbracciavano. E in quell’istante di lucida consapevolezza, Testa Secca comprese quanto aveva perso.

Aveva inseguito la ricchezza con così tanta ostinazione da non vedere tutto ciò che la vita aveva da offrire: l'amore, l'amicizia, i semplici piaceri quotidiani, le gioie di un tramonto, di una conversazione profonda, di una risata condivisa. Aveva speso la sua vita in una corsa senza fine verso il nulla, perdendo per strada ciò che contava davvero.

Quando finalmente fu dimesso dall’ospedale, Testa Secca guardò la sua casa grande e vuota, la sua macchina costosa, e il suo conto in banca pieno. Tutto ciò che aveva accumulato non poteva riempire il vuoto dentro di lui. E in quel momento capì che era troppo tardi. Il tempo che aveva passato a inseguire la ricchezza non sarebbe mai tornato.

Ora, seduto su quella poltrona di pelle in una casa troppo grande per un solo uomo, Testa Secca rifletteva sul suo soprannome. Forse era sempre stato quello: una testa secca, incapace di comprendere che la vera ricchezza non era nei soldi, ma nei momenti, nei legami, nelle esperienze che la vita aveva cercato invano di offrirgli.

E mentre il sole tramontava, solo, Testa Secca capì che la corsa era finita. Ma non era la vittoria che aveva sperato.