C'era una volta, in una cittadina ai piedi delle montagne, un vecchio imbonitore di nome Rotolino. I suoi capelli grigi e arruffati e il mantello logoro, che svolazzava dietro di lui, lo facevano sembrare un personaggio uscito da una storia dimenticata.
Rotolino girava per le strade con il suo carretto scricchiolante, colmo di boccette colorate e talismani luccicanti, accuratamente disposti come piccoli tesori da scoprire.
Con un sorriso astuto e una parlantina che scivolava come miele, Rotolino sapeva come toccare le corde giuste nel cuore della gente. Le sue parole erano incantevoli, un intruglio di promesse e sogni irraggiungibili. Con grande abilità, riusciva a far credere ai cittadini che i suoi prodotti potessero risolvere qualsiasi loro problema.
“Elisir di lunga vita!” proclamava con enfasi, alzando una piccola fiala dal contenuto dorato. “Un sorso di questo, e la vecchiaia sarà solo un ricordo lontano!” E i cittadini, pieni di speranza e spesso ingenui, si lasciavano convincere.
Ogni giorno, una folla si accalcava intorno al suo carretto. C'era Margherita, una vedova dal volto solcato da rughe profonde, che acquistava amuleti d'amore nella speranza di ritrovare una scintilla di gioia. C'era Pietro, il fabbro, tormentato dal mal di schiena che lo affliggeva da anni, desideroso che una delle sue pozioni miracolose potesse alleviare il dolore. E poi c'era Anselmo, un giovane che temeva di invecchiare senza aver ancora realizzato nulla di significativo, che comprava l’elisir di lunga vita per paura che il tempo gli sfuggisse tra le dita.
Per anni, Rotolino vagò indisturbato per la città, recitando il suo copione con la sicurezza di un attore consumato. Ogni mattina, guardandosi allo specchio, sorrideva soddisfatto della sua astuzia, certo che il mondo fosse popolato da sciocchi facili da ingannare. Ma dietro quel sorriso si nascondeva un’ombra di solitudine, una crepa invisibile che neppure lui aveva il coraggio di affrontare.
Un giorno, però, l'incantesimo si spezzò. Era un giorno come tanti, il sole splendeva alto nel cielo e la piazza del mercato brulicava di persone. Ma quell’atmosfera vivace si trasformò in un silenzio carico di tensione quando un gruppo di cittadini, guidato da Anselmo e Margherita, si fece avanti. Con occhi pieni di rabbia e amarezza, iniziarono a raccontare, uno dopo l’altro, le loro storie di inganni, di soldi buttati e di speranze infrante.
Margherita, con le mani tremanti, mostrò l’amuleto d’amore che non aveva attirato altro che tristezza. Pietro, il fabbro, sollevò la camicia per mostrare la schiena ancora curva dal dolore. "Abbiamo creduto alle tue parole, Rotolino," gridò Anselmo, la voce incrinata dalla frustrazione, "ma ci hai venduto solo bugie!"
Rotolino tentò di difendersi, ma le parole che un tempo scorrevano con tanta facilità ora si spezzavano come rami secchi nella sua gola. "Non era mia intenzione ingannare…", balbettò, ma le voci si fecero più forti, riempiendo la piazza come un’onda che si infrange contro una scogliera. Le prove contro di lui erano schiaccianti, ciascuna più pesante della precedente, come macigni gettati nel fiume della sua colpa.
Alla fine, non poté fare altro che abbassare lo sguardo, il volto pallido e le mani tremanti. Umiliato e sconfitto, fu costretto a restituire tutto il denaro ottenuto ingiustamente, moneta dopo moneta, tra i mormorii e le risate beffarde della folla.
Quella sera, Rotolino lasciò la città. Il suo carretto ormai vuoto scricchiolava sull’acciottolato mentre scompariva all'orizzonte, avvolto dall'oscurità. Per molto tempo, nessuno seppe più nulla di lui.
Si dice che abbia trovato rifugio in una remota campagna, dove vive in solitudine, accompagnato solo dal suono del vento tra gli alberi e dal silenzio delle sue riflessioni. Qualcuno mormora di averlo visto seduto su una panchina di legno, lo sguardo perso verso un orizzonte lontano, come se cercasse di misurare il peso delle sue azioni e dei sogni infranti che aveva venduto. La sua risata astuta, ora, è solo un eco lontano nel vento.
E da quel giorno, la città imparò a diffidare delle promesse troppo belle per essere vere e a valorizzare l'onestà sopra ogni cosa. Ma forse, in qualche angolo remoto del suo cuore, anche Rotolino imparò qualcosa di nuovo: il vero peso della solitudine e del rimorso che si portava dietro come un fardello invisibile.